La "Coppa di Nestore" è uno dei reperti più importanti della storia della Magna Grecia. Rinvenuta nel 1955 dall’archeologo italo-tedesco Giorgio Buchner nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, si tratta di un piccolo calice di uso quotidiano recante un’incisione laterale in direzione retrogada (da destra verso sinistra) risultata poi essere uno dei più antichi esempi di scrittura alfabetica greca. Contemporanea, o di poco successiva, ai celebri poemi omerici dell’Iliade e dell’Odissea.
Il testo, sulla cui interpretazione esistono diverse teorie, recita grosso modo così:
"Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona."
Secondo alcuni studiosi il riferimento a Nestore allude al sovrano greco le cui gesta sono raccontate nell’Iliade e, in questo senso, sarebbe addirittura la prima allusione letteraria mai rinvenuta in Europa; per altri, invece, il Nestore in questione sarebbe un "semplice" cittadino pithecusano, anche se resta da stabilire quanto influente nella comunità. La coppa, infatti, faceva parte di un ricco corredo funerario rinvenuto all’interno di una tomba a cremazione di un giovane di età compresa tra i dieci e i quattordici anni, il che lascia presagire la centralità sociale del giovane e, chissà, del Nestore citato nell’incisione.
Quel che è certo, la cronologia della kotyle e della scritta - con tutta probabilità risalenti all’ultimo quarto dell’VIII secolo a.C. -, ha obbligato studiosi di tutto il mondo a ridiscutere l’origine e le finalità dell’alfabeto greco, quasi sicuramente affinato per esigenze commerciali proprio da quei Calcidesi ed Eretriesi che per primi, avevano colonizzato l’isola d’Ischia.